NERONE DUEMILA ANNI DI CALUNNIE : Edoardo Sylos Labini

NERONE DUEMILA ANNI DI CALUNNIE

Dopo aver interpretato FT Marinetti, Italo Balbo, Giuseppe Mazzini e Gabriele d’Annunzio, EDOARDO SYLOS LABINI lancia la sua nuova sfida, interpretando l’imperatore «incendiario» Nerone.

Lo spettacolo nasce da un’idea di PIETRANGELO BUTTAFUOCO ed è liberamente tratto dal saggio di MASSIMO FINI Nerone Duemila anni di calunnie, con la drammaturgia di ANGELO CRESPI.

«Nessun personaggio storico ha mai goduto di così cattiva stampa come Nerone. Alcuni autori cristiani ritennero che fosse addirittura l’Anticristo. In realtà è certo che questo imperatore chitarrista, cantante, poeta, attore, scrittore, curioso di scienza e di tecnica, fu un unicum nella storia dell’Impero Romano. Le élite economiche e intellettuali del tempo non lo capirono, oppure lo capirono fin troppo bene e per questo lo osteggiarono ferocemente costringendolo, alla fine, al suicidio».

Scene e i costumi sono affidati all’estro di MARTA CRISOLINI MALATESTA. Il disegno luci è di PIETRO SPERDUTI, le musiche originali sono di PAUL VALLERY.

 

LO SPETTACOLO

Sullo sfondo di una Roma bruciata da un incendio, di cui Nerone verrà accusato ingiustamente di essere il mandante, l’incubo dell’Imperatore la notte prima della sua morte. La possibilità di fuggire dalla congiura dei suoi senatori, o la scelta di uccidersi per mano propria.

Tra i marmi della Domus Aurea, il suo palazzo imperiale, Nerone, attorniato da un’eccentrica corte di mimi, musicisti, prostitute e ballerine, è tormentato dal fantasma della madre. Rivive in quell’incubo le presenze più ingombranti della sua vita: l’ossessiva madre Agrippina, assetata di potere che, grazie ad una serie di delitti, gli apre le porte dell’Impero a soli 17 anni; l’illustre filosofo Seneca, moralizzatore dei costumi di Roma e scaltro opportunista che, diventato suo maestro, cerca di influenzarne ogni scelta; la bellissima seconda moglie, la giovane e civetta Poppea con la quale condivide l’amore per l’arte e la passione per la Grecia; l’amico di bagordi Otone, governatore della Lusitania ed ex marito di Poppea che congiura alle sue spalle per gelosia; ed infine il viscido Fenio Rufo, ruvido Prefetto del Pretorio, vero capo della rivolta di quella élite economica ed intellettuale contro la quale Nerone combatté durante i 14 anni del suo regno.

Una tempesta di sentimenti, paure, pentimenti, riflessioni tragiche. Una metafora del potere. Nerone, duemila anni dopo, pazzo o profeta?

 

 

NOTE D’AUTORE

“Nerone Duemila anni di calunnie, tratto dall’omonimo saggio di Massimo Fini, è un testo che, alla luce delle più recenti interpretazioni storiografiche, si pone l’obiettivo di rivedere una vulgata secolare il cui esito è la persistente leggenda nera dell’imperatore romano. Un personaggio che ha dovuto subire, per mano degli storici antichi e di tutti quelli che hanno scritto su quella falsariga, una damnatio memoriae solo per certi versi comprensibile. Nerone fu un uomo sì spregiudicato, si macchiò di delitti efferati, ma non in misura maggiore degli imperatori che lo precedettero o seguirono. Stretto tra il destino di comandare e il desiderio di essere semplicemente un artista, nei brevi anni di impero si contraddistinse per unire alle doti dello statista, la visionarietà del tiranno illuminato: non si preoccupò di espandere i confini dell’impero, non si impegnò in guerre di conquista, ma cercò di imporre lo stile greco a Roma, di dare una forma moderna all’amministrazione dell’impero, di gestire le finanze dello Stato con lungimiranza. Per questo motivo l’oligarchia del Senato gli fu ostile, ma anche per la sua tenace politica riformatrice, per la sua volontà di comandare “per il popolo” e non solo “in nome del popolo” come voleva il trito rito della Repubblica. Amato dalla plebe, odiato dalla aristocrazia, Nerone crebbe sotto l’influenza nefasta della madre Agrippina e badando ai consigli del suo maestro, Seneca; entrambi seppur in maniera diversa, invischiati nei giochi di una corte in costante lotta per il potere. Ed è per questo che la vita dell’imperatore, condannato dalla macchina del fango della storia, assume i contorni della metafora sul potere, che da sempre irretisce le menti migliori, fuorvia la ragione e i cuori” Angelo Crespi – Edoardo Sylos Labini

 

 

 

Guarda il trailer dello spettacolo